sabato 21 febbraio 2015

ESISTE DAVVERO L’AUTOCOMBUSTIONE UMANA?


(foto: Getty Images)
Il mese scorso il sito Doubtful News raccontava una strana storia: un neonato di sette giorni, proveniente dal villaggio T Parangini, in India, era stato ricoverato per gravi ustioni sul 10% della superficie dei suoi piedi. Due anni fa il fratellino Rahul, allora di tre mesi, era stato ricoverato per ustioni simili sull’addome e il petto. In entrambi i casi, la famiglia ha citato come causa l’autocombustione umana e si indagherebbe per capire se la sindrome sia o meno di origine genetica.
Pochi giorni fa anche il secondo bambino è tornato a casa coi suoi genitori, ma questa non è necessariamente una buona notizia. Il sospetto dei medici, infatti, è che si tratti, di nuovo, di abuso di minore. Non esiste infatti nessuna sindrome, genetica o meno, che porti alla combustione spontanea delle persone, e secondo l’attivista per i diritti dei minori Shanmuga Velayutham, la famiglia potrebbe aver usato questo stratagemma per reclamare agevolazioni dal governo. Nel 2013 infatti, in seguito all’incidente con Rahul, i genitori avevano ricevuto assistenza economica e un tetto sopra la testa grazie a un programma che distribuiva nuove abitazioni alimentate a energia solare nelle aree rurali.

In entrambi gli episodi l’unico testimone secondo cui i bambini avrebbero presto spontaneamente fuoco è la madre stessa, ma se eliminiamo le sue dichiarazioni rimaniamo con delle ustioni che non hanno nulla fuori dall’ordinario.
Rimane però una domanda: è possibile l’autocombustione umana, detta anche combustione umana spontanea?
Un mistero di vecchia data
Per cremare un corpo sono necessari almeno 1.000 gradi centigradi, eppure esistono circa 120 casi documentati di persone trovate incenerite, totalmente o parzialmente, all’interno delle proprie abitazioni. La cosa strana di questi casi è che il fuoconon si era esteso al resto degli oggetti intorno ai resti del corpo, il che ha portato alcune persone a credere che la combustione fosse partita spontaneamente dall’interno del corpo.
Nel folklore i riferimenti alla combustione umana spontanearisalgono almeno al XVII secolo, ma a partire dalla prima metà dell’800, il presunto fenomeno ha cominciato a essere dibattuto anche sulle riviste di medicina. Persino l’autorevole British Medical Journal ha ospitato negli anni molti interventi sulla questione.
Probabilmente molta della pubblicità era dovuta a opere di fantasia, come il romanzo di Charles Dickens Casa Desolata(1872). In quest’opera il malvagio Krook, alcolista, muore per combustione umana spontanea, che Dickens stesso credeva potesse realmente accadere.
Combustione non così spontanea
La maggior parte dei medici ha negli anni ripetutamente rifiutato la spontaneità di questi fenomeni. Hanno fatto notare in particolare come tutti i casi riguardassero persone inferme, i cui vestiti non solo avrebbero facilmente potuto prendere fuoco senza che i malcapitati se ne accorgessero, ma avrebbero anche avutodifficoltà a reagire. In molti casi non mancavano poi indizi sull’esistenza di una fonte esterna di accensione e di eventuali acceleranti (caminetti, lampade a combustibile, sigarette, ecc…).
Per quanto ragionevoli queste spiegazioni non riuscivano a spiegare totalmente il raccapricciante scenario: dove prima c’era un corpo vivo, ora rimaneva un mucchietto maleodorante diceneri. Dalla combustione spesso venivano poi risparmiati, per qualche ragione, i piedi e le gambe. Come mai?
In mancanza di una spiegazione condivisa sul meccanismo, leteorie pseudoscientifiche ebbero la strada spianata. Per esempio del 1996 è il libro Ablaze! dove l’autore Larry E. Arnold, autista di scuolabus e scienziato autodidatta, ci spiega l’esistenza delpirotrone. Inventata di sana pianta da Arnold, questa particella sarebbe in grado di avviare, in certe condizioni, una reazione a catena che porterebbe i nostri corpi a prendere fuoco.
Gli esperimenti
Oggi la spiegazione più accettata sui casi di presuntaautocombustione umana si deve soprattutto agli sforzi di due bigdel movimento scettico, l’investigatore Joe Nickell e l’esperto forense John F. Fisher. I due hanno studiato il fenomeno per due anni, giungendo alla conclusione che, fermo restando la necessità di una fonte esterna (che non era possibile escludere in nessuno dei casi analizzati), la spiegazione più plausibile è quella del cosiddetto effetto candela.
Una volta che un corpo umano ha preso fuoco, il grasso comincia sciogliersi e a impregnare i vestiti della vittima, alimentando in questo modo le fiamme come farebbe la cera fusa con lo stoppino. In questo modo si raggiungono temperature tali da distruggere, dopo qualche ora, anche le ossa.
Per quanto riguarda le parti non bruciate, la spiegazione più semplice è che molte vittime erano sedute e che il fuoco tende a salire verso l’alto, oltre al fatto che gambe e piedi contengono pocograsso. Diversi esperimenti forensi con corpi di maiali hanno in seguito confermato questa teoria.
Una variante dell’effetto candela è stata invece escogitata dal biologo Brian J. Ford, secondo il quale, almeno in alcuni casi, la combustione può essere stata agevolata da condizioni di chetosi, dove un’alterazione del metabolismo degli acidi grassi produce un eccesso di acetone, una molecola estremamente infiammabile. Ford ha quindi marinato nell’acetone un modello in scala a base di carne di maiale, ottenendo una rapidissima combustione.
Difficile che le cellule producano abbastanza acetone da essere determinante per l’avanzamento della combustione, ma è comunque possibile che la presenza di questo accelerante abbia reso i vestiti di alcune vittime più facilmente infiammabili.
Chi con queste prove è ancora convinto che la combustione umana spontanea esista realmente, e la sua spiegazione risieda qualche qualche sconosciuta proprietà del corpo umano, dovrebbe però rispondere alla logica obiezione statistica dello scettico Benjamin Radford:
“Se la combustione umana spontanea è un fenomeno reale, perché non accade più spesso? Ci sono 7 miliardi di persone nel mondo, e ancora non vediamo casi di persone che vengono avvolte dalle fiamme mentre camminano per strada. Nessuno è mai stato visto, filmato o ripreso (per esempio, da una videocamera di sorveglianza) mentre improvvisamente bruciava. È sempre successo a singole persone che si trovavano sole vicino a una fonte di accensione.”
Fonte: wired.it


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