venerdì 18 ottobre 2013

Letta contestato ad Ancona, la Polizia carica i manifestanti

I mass media non proferiscono parola in merito: ma Letta viene accolto ovunque da contestazioni. La settimana scorsa è accaduto a Siena, dove centinaia di studenti hanno fortemente contestato il premier: il 15 Ottobre invece è successo ad Ancona, dove la polizia ha caricato i manifestanti.

La notizia è stata oscurata dai mass media: che vogliono far credere ai cittadini che questo governo goda di consensi che evidentemente non ha; uno dei pochi giornalisti a parlarne è stato Cecchino Antonini su Liberazione. 

Redazione Informati

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Di seguito l'articolo:

Foto di repertorio

Vietato contestare il premier. Manganellate a chi contesta e "zone rosse"  nuova inquietante norma repressiva  inserita nella legge sul femminicidio. La campagna per l'amnistia sociale


C'è un ragazzo ferito alla testa fra i due-trecento manifestanti che hanno tentato di forzare il blocco di polizia oggi ad Ancona, per raggiungere la sede del vertice Italia-Serbia in Regione al quale prendeva parte il premier Letta. «È stato colpito da una manganellata degli agenti», ha spiegato alle agenzie Paolo Cognini, uno dei legali dei Centri sociali Marche. Ha una ferita alla fronte, non grave. 

Secondo i portavoce della rete dei Centri sociali marchigiani, nel corso della protesta sono rimasti feriti anche un secondo ragazzo, urtato ad una gamba dal cellulare della polizia preso d'assedio dai dimostranti, e un terzo giovane, che sarebbe stato raggiunto da una manganellata ad una spalla. Il corteo è restato fermo in corso Carlo Alberto, e anche se il vertice si era ormai concluso, prima di poter raggiungere la meta iniziale, via De Gasperi, che conduce alla sede della Regione Marche. Aperto da uno striscione con la scritta "Licenziamenti, sfratti, precarietà, basta austerità", il corteo è partito dal quartiere Archi. Le tensioni sono scoppiate quando un gruppo dei manifestanti ha tentato di sfondare il cordone di polizia in piazzale Italia per proseguire verso la sede della Regione Marche. I poliziotti, in assetto antisommossa, hanno respinto il tentativo secondo un copione che prevede la creazione della zona rossa ovunque ci sia il rischio che la protesta popolare possa sfiorare gli artefici dell'austerity o delle grandi opere o dell'inquinamento. (video)


Nelle maglie della legge sul femminicidio, approvata sull'onda emotiva degli episodi di violenza patriarcale, si può leggere che la zona rossa sarà ormai ovunque: "Chi viola il divieto di entrare in siti protetti da interesse militare dello Stato è punito con detenzione da tre mesi a un anno". Era già scritto nell'art. 682 del Codice penale ma grazie al decreto sul femminicidio il divieto, e la pena, si estendono a qualsiasi sito o edificio sia in quel momento considerato off limits «per ragioni di sicurezza pubblica». E' un nuovo pacchetto ordine pubblico sotto mentite spoglie. La Tav come fosse una donna minacciata dal suo maschio violento. 

E' un successo di Alfano essere riuscito ad avere pronta la nuova legge per il 19 ottobre. E l'aria che tirava ad Ancona e a Giugliano - dove sono stati pestati i No Inc - potrebbe essere quella che soffierà su Roma, in Valsusa o dovunque ci siano manifestazioni di protesta. E' interessante osservare come le campagne per una norma contro il femminicidio sia stata sostenuta dagli stessi giornali che rappresentano i prossimi 18 e 19 ottobre, giorni di sciopero e cortei, come il nuovo G8. 

Con queste premesse potrebbe crescere in modo esponenziale il numero di coloro che hanno delle pesanti grane giudiziarie per reati fittizi, coniati per disturbare il conflitto sociale. 

Negli ultimi mesi, fra alcune realtà sociali, politiche e di movimento, ma anche singoli attivisti e avvocati, è nato un dibattito sulla necessità di lanciare una campagna politica sull'amnistia sociale e per l'abrogazione di quell'insieme di norme che connotano l'intero ordinamento giuridico italiano e costituiscono un vero e proprio arsenale repressivo e autoritario dispiegato contro i movimenti più avanzati della società. 

Da tempo l'Osservatorio sulla repressione ha iniziato a effettuare un censimento sulle denunce penali contro militanti politici e attivisti di lotte sociali. Ora abbiamo la necessità, per costruire la campagna, di un quadro quanto più possibile completo, che porterà alla creazione di un database consultabile on-line. Ad oggi sono state censite 17 mila denunce. 

Il nuovo clima di effervescenza sociale degli ultimi anni, che non ha coinvolto solo i tradizionali settori dell'attivismo politico più radicale ma anche ampie realtà popolari, ha portato a una pesante rappresaglia repressiva, come già era accaduto nei precedenti cicli di lotte. Migliaia di persone che si trovavano a combattere con la mancanza di case, la disoccupazione, l'assenza di adeguate strutture sanitarie, la decadenza della scuola, il peggioramento delle condizioni di lavoro, il saccheggio e la devastazione di interi territori in nome del profitto, sono state sottoposte a procedimenti penali o colpite da misure di polizia. Così come sono stati condannati e denunciati militanti politici che hanno partecipato alle mobilitazioni di Napoli e Genova 2001 e alle manifestazioni del 14 dicembre 2010 e del 15 ottobre 2011 a Roma. 

Il conflitto sociale viene ridotto a mera questione di ordine pubblico. Non è quindi un caso che dal 2001 a oggi, con l'avanzare della crisi economica e l'aumento delle lotte, si contano 11 sentenze definitive per i reati di devastazione e saccheggio, compresa quella per i fatti di Genova 2001, a cui vanno aggiunte 7 persone condannate in primo grado a 6 anni di reclusione per i fatti accaduti il 15 ottobre 2011 a Roma, mentre per la stessa manifestazione altre 18 sono ora imputate ed è in corso il processo. 

Le lotte sociali hanno sempre marciato su un crinale sottile che anticipa legalità future urtando quelle presenti. Le organizzazioni della classe operaia, i movimenti sociali e i gruppi rivoluzionari hanno storicamente fatto ricorso alle campagne per l'amnistia per tutelare le proprie battaglie, salvaguardare i propri militanti, le proprie componenti sociali. Oggi sollevare il problema politico della legittimità delle lotte, anche nelle loro forme di resistenza, condurre una battaglia per la difesa e l'allargamento degli spazi di agibilità politica, può contribuire a sviluppare la solidarietà fra le varie lotte, a costruire la garanzia che possano riprodursi in futuro. Le amnistie sono un corollario del diritto di resistenza. Lanciare una campagna per l'amnistia sociale vuole dire salvaguardare l'azione collettiva e rilanciare una teoria della trasformazione, dove il conflitto, l'azione dal basso, anche nelle sue forme di rottura, di opposizione più dura, riveste una valenza positiva quale forza motrice del cambiamento. Per leggere il manifesto per l'amnistia socialee aderire basta visitare il sito dell'Osservatorio repressione. 

Checchino Antonini da Liberazione

Fonte: osservatoriorepressione

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